Noi aspettiamo, loro agiscono. L’esempio americano…

“I want you” – Zio Sam

Amici, questa mattina sfogliando ritualmente le pagine del “Corriere della Sera”, sono stato catturato da un concetto, presente nell’articolo d’opinione della rubrica “Visti da lontano” di Massimo Gaggi, che si riferisce al dono dell’azione (se di dono possiamo parlare) rispetto a quello dell’inazione (che, ahimé, ci connota da sempre).

Il pezzo racconta la crescita dell’economia statunitense e la consequenziale riduzione del deficit pubblico a dispetto della crisi incalzante: “Economia in ripresa, sia pure debole. Disoccupazione in calo, anche se resta molto alta, almeno per gli USA. Borsa che brucia un record dopo l’altro. Mercato immobiliare in recupero, nonostante le molte case abbandonate dopo la crisi dei mutui “subprime”. Vista dall’Europa in recessione, l’America sembra, come al solito, un altro mondo. Nessun miracolo, sia chiaro: un po’ di coraggio e un po’ di fortuna…”.

…Siamo felici per loro e per i numeri che riescono a registrare, ma qui mi preme riflettere su un aspetto assai più importante, che trascende percentuali o bilanci. Sto parlando della ripartenza, quel colpo di reni che (tutti) gli americani si sono dati nel momento in cui hanno toccato il fondo…

Le principali banche sono fallite ed altre si sono ritrovate con un piede nella fossa. Il mercato immobiliare è crollato come un castello di carta. Quello occupazionale e tradizionale ha subito una flessione raccapricciante. La crisi economica ha eguagliato (se non sorpassato) quella del ’29. Eppure l’uomo a stelle e strisce si è rimboccato le maniche e, mattone dopo mattone, ha ricorstruito la sua vita. Iniziando ‘dal basso’, lavorando, facendo girare nuovamente l’economia, riequilibrando i conti e, alla fine, tornando a crescere.

Noi invece? Stiamo ancora qui, sperando nel miracolo. Che una riforma economo-finanziaria possa restituirci il ventennio del “Miracolo economico italiano”… Ma è solo utopia ciò che attendiamo, senza peraltro esserne troppo convinti. Questa “placenta sociale” è troppo dolce per rinunciarvi. La tentazione alla rassegnazione è troppo forte per cercare di scuoterla. Reagire, comporterebbe uno sforzo sovradimensionato rispetto alla tenuta della nostra serenità.

Riconoscere tali manchevolezze è un atto di coraggio. Cercare di porvi rimedio, cosa nobile… 

Gli americani hanno iniziato a farlo, il nostro potenziale ci suggerisce di seguirli… Ascoltiamolo, se non vogliamo sentire che sapore ha il terreno umido.

 

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