Disoccupazione giovanile al 37,1%: record storico

Amici, ci siamo. E’ arrivato il momento di far sentire la nostra voce attraverso qualsiasi mezzo di comunicazione di massa, da quelli telematici a quelli più specificamente “umani”. Avete presente la situazione dei nostri “omologhi” spagnoli in questo momento? …Quasi metà della popolazione giovanile senza lavoro, da un lato depressa dall’altro incazzata, rivoluzione sociale, indignados, guerrilla. Per non parlare poi degli altri paesi (Irlanda, Portogallo, Islanda…) per i quali non resta che fargli le condoglianze…

Ecco, noi siamo i prossimi.

Adesso non denunciamo più una percentuale di disoccupazione alta e nemmeno altissima, qui stiamo parlando di una roulette russa, con la differenza che quest’ultima ti fornisce cinque possibilità su sei di sopravvivere, mentre l’Italia te ne dà quasi a una su due. Si perché l’Istat ci informa che il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 37,1%: un record assoluto nella nostra storia. Ai massimi livelli sia dalle serie mensili, ovvero da gennaio 2004, che di quelle trimestrali, cominciate nel quarto trimestre di vent’anni fa. Una percentuale shock che annuncia, di fatto, il fallimento irreversibile. 

Stando alle stime di novembre 2012, i giovani in cerca di lavoro sono stati 641 mila ed hanno rappresentato il 10,6% della popolazione nella stessa fascia d’età. In generale nello stesso mese gli occupati sono stati 22 milioni 873 mila, in diminuzione dello 0,2% sia rispetto a ottobre (-42 mila) sia su base annua (-37 mila). Il tasso di occupazione, pari al 56,8%, è diminuito di 0,1 punti percentuali nel confronto congiunturale e invariato rispetto a dodici mesi prima.  Su base annua è aumentato di 1,8 punti. Sempre a novembre l’occupazione maschile è calata dello 0,2% e dell’1,5% su base annua. Quella femminile, invece, dello 0,2% rispetto al mese precedente, ma aumentata dell’1,7% nei dodici mesi. 

Numeri, presumibilmente approssimati per difetto, che ci spingono a trovare due ipotetiche soluzioni: la rivoluzione sociale o la fuga fuori dall’Europa. 

Condividi