Caro Crozza, via certe tentazioni anacronistiche

I comici di una volta non esistono più. Parlo di quelli che riuscivano a raccontare la realtà più vera della nostra società, facendoti veramente sconquassare…

Mi riferisco, ad esempio, a Paolo Villaggio, Massimo Troisi, Carlo Verdone e, perché no, Beppe Grillo (quello di prima!). Oggi siamo continuamente bombardati da trasmissioni che cercano, in maniera quasi forzata, di strapparci un sorriso utilizzando il genere demenziale della più antica forma d’arte. Se poi scaviamo, anche tra le Tv private, per trovare quelli che provano ad “affinarsi” con la satira, bhé, restiamo ancor più delusi.

Solo uno, di quelli che si contano sulla punta delle dita, cattura ogni volta la mia attenzione per il tipo di argomentazioni e l’originalissimo modo di interpretarle, ed è Maurizio Crozza, quando è “al servizio” di Rai 3 per Ballarò. Ma la satira politica, si sa, è complicata ed estremamente aleatoria. Spesso, infatti, si rischia di sfociare nella banalità e nella capziosità. E’ proprio ciò che è accaduto a Crozza nel corso della puntata di Ballarò, in onda ieri sera.

Ecco, in un periodo storico così decisivo per il destino del nostro paese e dell’Europa, molteplici sarebbero le problematiche di natura socio-economica che asfissiano in particolar modo noi giovani. Per cui non può, uno dei pochi veri comici satirici rimasti sul mercato, fomentato da una delle trasmissioni più seguite sul mercato, dedicare la sua copertina a una vicissitudine estremamente marginale rispetto al tema preponderante del momento, legata peraltro al solito personaggio, come in un chiacchiericcio da bar.

Bocciato.  

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